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LETTERA AL CARDINALE ANGELO SCOLA
Atei e Chiesa: dopo il caso De Pedis a Sant'Apollinare,
il caso Raffaele Mattioli all'abbazia milanese di Chiaravalle
di Luciano Pranzetti

 

     Uno o tanti scandali in più non turbano affatto il sonno di Cardinali e Vescovi, che usano i luoghi sacri e consacrati per battere cassa, incuranti della gravissima e scandalosa profanazione: parrebbe quasi che non credano più che fra non molti anni dovranno rendere conto del loro simoniaco operato. Ma già, questi sono i frutti del Concilio Vaticano II !!! Una faccia di bronzo, più tosta di quella dei peggiori politici che tanto amano imitare! Lo scandalo è evidente? Se ne infischiano e perseverano nel male!

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature, corsivi
e quanto scritto nello spazio giallo sono generalmente della Redazione


     Eminenza rev. ma,
     due anni or sono, la notizia che il tristamente noto Enrico de Pedis  –“Renatino”, della famigerata “banda della Magliana”, pluriassassino, autore e appaltatore  di sanguinose rapine, violenze e sequestri di persona (Emanuela Orlandi),  terrorismo politico, traffico d’armi e  droga–  era stato sepolto, nel 1990, nella veneranda basilica romana di Sant’Apollinare (si parlò di una speciale e silenziosa concessione dell’allora Vicario cardinal Ugo Poletti), suscitò nell’opinione pubblica e nella comunità dei fedeli un fremito di sdegno e di deplorazione nei confronti della Curia Romana, e della stessa Chiesa, per quella che si configurava come profanazione d’un luogo sacro, vero e inammissibile scandalo.
 

 

     Proprio la universale indignazione convinse, poi, le autorità ecclesiastiche a traslare la salma del predetto in altro luogo.
     In quell’occasione, riportano le cronache,  qualcuno parlò di “compenso” per aver, il De Pedis, elargito donazioni, fatto beneficenza e carità alla parrocchia.
     Orbene, senza dover scomodare il sempre chiarissimo e ortodosso santo dottore, Tommaso Aquinate S.Th- II IIae q. XXXII a. 7 ad 2um “ Utrum possit fieri eleemosyna de injuste acquisitis”– sappiamo tutti, in termini di etica e  di diritto civile/penale, che il bene compiuto con mezzi e risorse illeciti –nel caso di fattispecie, soldi lordi di sangue–  non sortisce merito alcuno davanti agli uomini, figuriamoci davanti a Dio, anzi ne inficia il fine stesso.
 

 

     Ora questa vicenda ne fa ricordare  altra e parimenti scandalosa, seppur priva della connotazione della violenza esteriore, ma non meno tossica, e  tuttora in atto, verificatasi nell’Arcidiocesi di Milano.
 

 

     Nell’abbazia cistercense di Chiaravalle è, dal luglio del 1973, sepolto insieme alla consorte  –nel cimitero della clausura monacale, vietato alle sepolture comuni perché  riservato ai soli monaci–  il dottor Raffaele Mattioli, già egemonico presidente della Comit (la Banca Commerciale Italiana) noto  ateo, gnostico, anticlericale, legato ai circoli frankisti dei forti poteri economici, e impenitente finale.
 

 


     Si fece, per costui, un’eccezione grazie all’interessamento, presso l’allora arcivescovo  Giovanni Colombo –questi, in verità, molto riluttante già alle esequie religiose (tenutesi, tuttavia, il 30 luglio 1973, nella chiesa di San Fedele), ma poi convintosi in “un’atmosfera di sobria e commossa devozione”- del dottor  Bernardo Crippa, cattolico(?), dirigente Comit e  assessore dc allo Stato civile di Milano. E qualora si dovesse pensare a una qualche forma di tardiva conversione del Mattioli è  lo stesso assessore che, conoscendolo bene e a fondo, la smentì.
 

 


     Ma, cosa ancor più scandalosa, deplorevole e assai emblematica del clima postconciliare: il Mattioli è sepolto nella tomba, sconsacrata,  che già accolse la medievale eretica Guglielmina la Boema (sec. XIII), colei che si dichiarò “personificazione femminile” dello Spirito Santo,  riesumata e più tardi collocata, per ordine dell’Inquisizione, in altro sito (cfr.  Maurizio Blondet, Gli “Adelphi della dissoluzione”, ed. Ares 1994, pag. 35/37).
 

 


     Non si conoscono  –ma si intuiscono–  le ragioni intime che hanno indotto, sia l’arcivescovo che il priore dell’abbazia, a concedere siffatto “privilegio” proprio a un miscredente di largo potere, fatto si è che la curia e l’abate concordarono, tuttavia, nel modificare, una tantum, i rigidi canoni ecclesiastici aprendo così le porte del cimitero a determinati laici: i benefattori.  (Dal 1973 a nessun altro mecenate è stato concesso siffatta franchigia).
 

 


     Ma, trattandosi di un banchiere laicista e ateo, non  si  pensi a un gesto di “ecumenica vaticansecondista accoglienza”, come si dice oggi nel fervore di un dialogismo smanioso e pregno di caritas, piuttosto  –e lo diciamo come convinzione collegata alla stessa che caratterizzò il caso de Pedis–  a una risposta dovuta per qualche munifico gesto di  beneficenza, non dissimile da quella che la famiglia Scrovegni ( sec. XIV ) operò, come forma di riscatto per il peccato d’usura  dell’avo Reginaldo (INF. XVI, 64/66), edificando la famosa omonima Cappella di Padova (Si rammenti che l’usuraio di cui Dante parla, è però all’inferno).
 

 


     Ora, se è vero che la clausura resta un recinto sacro, interdetto ai profani, ci si domanda perché mai a un laico, per di più ateo e nemico di Dio e della Chiesa per quanto “benefattore”, sia stato concesso il “privilegium” di riposare nella Casa del Signore, quasi fosse stato, il Mattioli, un pio monaco o un personaggio di esemplare e santa vita.
 

 


    E come, poi,  non sottolineare quella torbida corrispondenza, e simpatia culturale, che legava  il banchiere all’antica eretica“Papessa” Guglielmina la cui tomba egli scelse per sé?
 

 


     E se il Mattioli conosceva la di costei storia  –e certamente la conosceva avendone parlato con i monaci durante le sue frequenti visite–   come non pensare a un desiderio di tipo snobistico, estetico, ma superbo e dal sapore di sfida?
 

 


     E come non pensare che, al momento della resurrezione dei corpi, Mattioli risorgerà uscendo marcato da un avello sconsacrato e maledetto?
 

 


     Non crede, Eminenza, che anche questo caso costituisce  –e lo mettiamo all’indicativo–  uno scandalo di cui tutti sanno ma nessuno vuol parlare, ma al quale Ella può porre rimedio ordinando la traslazione del defunto nella sua cappella familiare sita nel Cimitero Monumentale della città?
 

 


     Crede, forse,  che la ricaduta di questa vicenda in termini di catechesi e di chiarezza nei confronti dei fedeli sarà positiva, o non pensa che essa potrà, invece,  generare in loro sentimenti di meraviglia, di inquietudine e di sfiducia verso la Gerarchia con conseguenti segni di lassismo?
 

 


     Oppure dobbiamo credere, viste le ultime esternazioni elettorali del cardinale Angelo Bagnasco, presidente CEI, che i banchieri  –nel caso attuale, il bocconiano prof. Mario Monti, nipote del Mattioli, membro autorevole e proiezione di Goldman Sachs, Trilateral e Bilderberg, i “poteri forti–  saranno sempre i beniamini di Santa Romana Chiesa?
 

 


     Ezra Pound affermò che i politici sono i “camerieri dei banchieri”, ma in questo caso, come in altri precedenti, sembra che sia la Chiesa cattolica la loro fantesca.
 

 


      Ma a che cosa, allora, son serviti  i trascorsi IOR, Marcinkus, Sindona e Calvi ora che s’affaccia l’ombra di MPS?
 

 


     Questa mia, Eminenza, è una delle tante segnalazioni che, da tempo, allertano la coscienza dei cristiani ai valori perenni della fede. Sarà, perciò, inviata anche alle numerose testate e ai siti cattolici di difesa, per una maggiore azione di  tutela della Tradizione.
 

 

     Exsurge Domine: oremus pro Ecclesia nostra ne praevaleant, ab intus, inimici ejus super eam.

Con umile devozione e reverenza filiale

Prof. Luciano Pranzetti

 

 

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